Arancia Meccanica




"Arance meccaniche", sì! Ma non in senso letterale, anche se, a voler ben vedere, non è che la cosa cambi molto. Di cosa sto parlando? Del film omonimo di Stanley Kubrick, uscito nel 1971 e tratto dal romanzo di Anthony Burgess.
Non è un'opera facile, "Arancia Meccanica", ma è una di quelle che lasciano un segno. Un film che parla di violenza, di libero arbitrio, di bene e di male. E lo fa in modo crudo, violento, disturbante. Ma anche geniale.
La storia è quella di Alex DeLarge, un giovane teppista che vive a Londra in un futuro non troppo lontano. Alex è un ragazzo intelligente, ma anche sadico e violento. Insieme alla sua banda, i Drughi, compie ogni genere di nefandezza, dalle risse ai furti, fino allo stupro e all'omicidio.
Ma un giorno Alex viene arrestato e condannato a 14 anni di prigione. In carcere, subisce un trattamento sperimentale, la "Cura Ludovico", che ha lo scopo di renderlo incapace di commettere violenza. Il trattamento funziona, ma non senza conseguenze. Alex diventa un automa, incapace di provare piacere o dolore.
Dopo essere stato rilasciato, Alex si trova in un mondo che non riconosce più. La società che lo ha punito per i suoi crimini ora lo disprezza per la sua incapacità di provare emozioni. Alex diventa così vittima della stessa violenza che un tempo aveva perpetrato.
Il film è un'allegoria della società moderna, che da un lato condanna la violenza, ma dall'altro la alimenta. È un film che mette in discussione il concetto di libero arbitrio e il ruolo della società nel plasmare i suoi cittadini.
"Arancia Meccanica" è un film che non lascia indifferenti. È un film che fa pensare, che disturba, che fa arrabbiare. Ma è anche un film che fa riflettere, che mette in discussione le nostre convinzioni, che ci spinge a confrontarci con le nostre paure.
E allora, sì, "Arance meccaniche". Ma non in senso letterale. Piuttosto, come metafora di una società che è essa stessa una macchina violenta, che produce e consuma violenza, che punisce e premia la violenza.
E noi, in tutto questo, dove siamo? Siamo vittime o carnefici? Siamo parte del problema o della soluzione?
Non c'è una risposta facile. Ma "Arancia Meccanica" ci invita a porci queste domande. E forse, nel farlo, a trovare un modo per rompere il ciclo della violenza.