L’autonomia differenziata, cavallo di battaglia delle regioni del Nord, torna alla ribalta con la proposta del governo Meloni. Ma cosa si nasconde dietro questo termine che sembra promettere un nuovo Eldorado per le regioni più virtuose?
In estrema sintesi, l’autonomia differenziata è la possibilità per alcune regioni di gestire in modo autonomo determinate materie, come la scuola o la sanità, senza dover dipendere dal governo centrale. In teoria, questo dovrebbe consentire alle regioni più efficienti di migliorare i propri servizi, senza essere frenate da quelle più lente e inefficaci.
Ma nella pratica, le cose non sono così semplici. L’autonomia differenziata richiede un livello di burocrazia e di competenze tecniche che molte regioni non hanno, e rischia di creare squilibri ancora maggiori tra Nord e Sud.
Prendiamo ad esempio la scuola: se una regione come la Lombardia gestisse in autonomia l’istruzione, potrebbe decidere di investire di più negli istituti tecnici e professionali, a scapito dei licei classici. Questo potrebbe portare a una carenza di laureati in materie umanistiche e a un’ulteriore polarizzazione della società tra tecnici e "cervelli" dell'economia.
Inoltre, l’autonomia differenziata potrebbe spingere le regioni più ricche a fare dumping fiscale, ovvero a ridurre le tasse per attrarre imprese e lavoratori qualificati, sottraendoli alle regioni più povere. Questo creerebbe una sorta di "gara al ribasso" che alla fine danneggerebbe tutti quanti.
Ma il rischio maggiore dell’autonomia differenziata è quello di creare un’ulteriore livello di burocrazia. Le regioni dovrebbero dotarsi di nuove strutture amministrative per gestire le materie delegate, e questo comporterebbe costi aggiuntivi e una maggiore complessità del sistema. Inoltre, l’autonomia differenziata potrebbe portare a una moltiplicazione delle normative regionali, creando confusione e incertezza per cittadini e imprese.
Oltre alle preoccupazioni di carattere pratico, l’autonomia differenziata solleva anche questioni di identità nazionale. Se le regioni avessero troppa autonomia, si rischia di indebolire il senso di unità e di appartenenza ad una nazione comune. Dopotutto, l’Italia è un paese nato dall’unione di tanti piccoli Stati indipendenti, e l’unità nazionale è un valore che non possiamo permetterci di mettere in discussione.
Quindi, l’autonomia differenziata è davvero la panacea per tutti i mali dell’Italia?
No, non credo. È un’idea che ha il suo fascino, ma che nasconde anche dei rischi. Prima di procedere, è necessario un dibattito approfondito e un’attenta riflessione, alla luce anche delle esperienze di altri paesi che hanno già adottato l’autonomia differenziata.
Solo così potremo evitare di trasformare un'opportunità in una trappola burocratica o, peggio, in un pericolo per l'unità nazionale.