Giuseppe Consolo, l'avvocato che ha fatto tremare la camorra




Mi è capitato di incontrare Giuseppe Consolo per caso, in una caffetteria del centro di Napoli. Non lo conoscevo, ma la sua presenza mi ha incuriosito. Era un uomo di mezza età, con un viso dai tratti marcati e uno sguardo profondo. Indossava un abito scuro ed elegante, ma i suoi modi erano semplici e cordiali.
Ci siamo scambiati qualche parola e, dopo un po', ho scoperto che era un avvocato. Gli ho chiesto di raccontarmi di sé e della sua professione. Mi ha detto che era nato e cresciuto a Napoli, e che fin da piccolo aveva mostrato una spiccata passione per la legge. Dopo la laurea, aveva iniziato a lavorare in uno studio legale del centro, occupandosi principalmente di diritto civile.
Ma il destino aveva in serbo per lui qualcosa di diverso. Un giorno, gli è stato chiesto di difendere un giovane accusato di omicidio. Era un caso difficile, ma Consolo non si è tirato indietro. Ha studiato a fondo le carte e ha preparato una strategia difensiva impeccabile. Il giorno del processo, ha sfoderato un'arringa che ha convinto la giuria dell'innocenza del suo assistito.
Da quel giorno, Consolo ha iniziato a specializzarsi nella difesa dei criminali. È diventato uno degli avvocati più richiesti di Napoli, conosciuto e rispettato anche dai boss della camorra. Ma nonostante il suo successo professionale, Consolo non ha mai dimenticato i suoi ideali di giustizia.
Mi ha raccontato che una volta ha difeso un giovane che era stato accusato di spaccio di droga. Il ragazzo era caduto nella trappola della delinquenza per necessità, ma Consolo ha creduto nella sua possibilità di redenzione. Ha lavorato duramente per convincere il giudice a concedergli una pena alternativa al carcere. E alla fine, ce l'ha fatta.
Il ragazzo è uscito dal tribunale a testa alta, con una nuova speranza nel cuore. E Consolo si è sentito orgoglioso di aver contribuito a cambiare la sua vita.
Mi ha colpito la passione con cui Consolo parlava del suo lavoro. Per lui, essere un avvocato non era solo un mestiere, ma una missione. Credeva che tutti avessero diritto a una difesa giusta, indipendentemente dalle accuse che gli venivano mosse.
Erano trascorse già alcune ore che chiacchieravamo, ma non sentivo il tempo passare. Consolo aveva un modo unico di raccontare storie, e io mi sentivo trasportato nel mondo della criminalità e della giustizia.
Alla fine, ci siamo salutati con la promessa di rivederci presto. E mentre me ne andavo, ho pensato a quante storie avrebbe potuto raccontare quell'uomo. Storie di violenza, di redenzione e di speranza. Storie che meritavano di essere raccontate al mondo.