Nata a Perrero (Torino) il 26 agosto 1855, Lidia Poet è stata la prima donna italiana ad esercitare la professione di avvocato.
La sua passione per la giustizia la spinse a sfidare le convenzioni sociali dell'epoca, che non prevedevano che le donne potessero intraprendere studi o carriere legali.
Grazie alla sua tenacia e determinazione, Lidia Poet riuscì a laurearsi in giurisprudenza all'Università di Torino nel 1881. Tuttavia, il suo percorso non fu semplice.
Inizialmente, l'Ordine degli Avvocati di Torino le negò l'iscrizione all'albo, sostenendo che la professione legale non era adatta per le donne.
Lidia Poet non si arrese e ricorse in tribunale, dove riuscì a ottenere giustizia. Nel 1883, finalmente, le fu consentito di esercitare la professione forense.
Nel corso della sua carriera, Lidia Poet si distinse per la sua competenza giuridica e per la sua dedizione alla causa dei più deboli.
Si occupò principalmente di casi di diritto penale, difendendo spesso donne accusate di reati.
In un'epoca in cui le donne erano spesso vittime di pregiudizi e ingiustizie, l'opera di Lidia Poet rappresentò un faro di speranza e un simbolo di cambiamento.
Nel 1893, tuttavia, la sua carriera subì una battuta d'arresto.
Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Torino decise di cancellare Lidia Poet dall'albo, sostenendo che "la donna è incapace di difendere i diritti delle persone".
La decisione scatenò polemiche e proteste in tutta Italia, ma Lidia Poet non ebbe modo di opporsi.
Nonostante la cancellazione dall'albo, Lidia Poet continuò a battersi per i diritti delle donne e per l'uguaglianza di genere.
Lottò per l'ammissione delle donne alle università e alle professioni legali, e partecipò attivamente al movimento suffragista.
Negli ultimi anni della sua vita, Lidia Poet si ritirò a Diano Marina, dove morì il 25 febbraio 1949.
La sua eredità continua a ispirare le donne che lottano per la parità e la giustizia.