Mi ricordo ancora la prima volta che lo vidi. Ero bambino e stavamo passando in macchina da quelle parti. Mio papà mi indicò la montagna e mi disse: "Quella è la salita più dura del Giro d'Italia. Un giorno ci andrai in bici". Ci andai davvero, tanti anni dopo, ma fu tutto meno che una passeggiata.
Il Mortirolo è un gigante di 12 km con una pendenza media del 10,9% e punte del 18%. Per capirci, è come scalare il Vesuvio in bici. Ma il bello è che il peggio arriva alla fine. Gli ultimi 2 km sono una parete verticale, con pendenze che superano il 20%. A quel punto, l'unico modo per andare avanti è mettere il piede a terra e spingere.
Anche se ero allenato, affrontare il Mortirolo è stato uno sforzo incredibile. Sentivo le gambe pesanti come il piombo e il respiro mi usciva dalla bocca a fatica. "Dai, non mollare!", mi ripetevo in continuazione. E ogni volta che vedevo un ciclista in difficoltà, mi fermavo per aiutarlo. Perché lì, su quella montagna, non contava la competizione, ma la solidarietà tra sportivi.
Alla fine, dopo tre ore di fatica, raggiunsi la cima. Ero distrutto, ma anche felice. Perché avevo affrontato una delle sfide più difficili della mia vita e l'avevo vinta.
Il Mortirolo mi ha insegnato che nulla è impossibile se ci si mette impegno e determinazione. E che anche nei momenti più bui, c'è sempre qualcuno pronto ad aiutarti. Se avete voglia di mettervi alla prova, vi consiglio di affrontare il Mortirolo. Non ve ne pentirete.