Sinner Berrettini




Mattinata limpida, cielo azzurro, uno di quei giorni in cui l'aria è così tersa da poter scorgere le vette innevate delle nostre amate Dolomiti. Proprio come la tela perfetta su cui dipingere un capolavoro, ma non potrò gustarmi questo spettacolo della natura per molto, perché è arrivato il momento della battaglia.
Mi infilo le scarpe da tennis, quelle che ho sempre indossato nei momenti più importanti, quelle che mi hanno accompagnato nella vittoria di Wimbledon junior. Mi guardo allo specchio e mi chiedo se sono pronto per quello che mi aspetta. Non è solo una partita di tennis, ma è anche una sfida contro me stesso, contro i miei limiti. È un viaggio alla scoperta di quello che posso realmente fare, di quanto in là posso arrivare.
Mi dirigo verso il campo centrale, il cuore mi batte forte in petto, ma cerco di non darlo a vedere. Sono concentrato, determinato, non voglio sfigurare davanti al pubblico di casa. Entro in campo e il boato degli spettatori mi travolge, mi dà la carica, mi fa sentire vivo. Sono pronto, posso farcela.
Inizia la partita, i primi scambi sono combattuti, ma poi prendo il ritmo e comincio a dominare il gioco. Il mio avversario è forte, ma io sono più forte. Ogni colpo è un capolavoro, ogni punto una vittoria. Il pubblico è in delirio, tifa per me, mi incita a non mollare.
Il match prosegue senza intoppi, vinco il primo set, poi il secondo, poi il terzo. È fatta, ho vinto! Alzo le braccia al cielo, urlo di gioia, ho realizzato il mio sogno. Sono il campione!
Ma questa vittoria non è solo mia, è di tutti coloro che hanno creduto in me, che mi hanno sostenuto in questo percorso. È la vittoria di una squadra, di una famiglia, di un intero popolo.
È la vittoria dell'Italia, è la vittoria dei miei sogni.
E ora, mentre guardo il cielo terso, mi sento più leggero. Ho raggiunto la vetta, ho conquistato il mio Everest. Ma non è finita qui, perché la strada è ancora lunga e ci sono ancora tante montagne da scalare.
Grazie a tutti, grazie per aver creduto in me.