Una scomoda eredità Rai 1




"Nonno, ma come mai hai lavorato per quella...?".
"Perché c'era un posto libero e io ho colto l'occasione".
"Ma non eri comunista?".
"Non sapevo neanche cosa significasse".

Comincia così, con un breve dialogo familiare molto personale (e per questo, immagino, significativo per tante altre persone), il mio viaggio nell'Italia degli anni '50 e '60.
Un viaggio che ricostruisce la genesi di quella che per tanti anni è stata "la Rai dello Stato", la "Televisione di Stato", a partire da racconti inediti di colleghi e fonti giornalistiche.
Un viaggio che assume i toni di un'indagine quasi poliziesca, con tanto di testimoni, di indizi e di colpi di scena. Dove la cronaca degli anni d'oro della radiotelevisione italiana si intreccia con le storie umane e politiche di personaggi straordinari, talvolta simpatici, talaltra meschini, che hanno spesso condizionato la storia del Paese.

E' la storia, per esempio, del "Ugo nazionale" (Tognazzi) che nel 1959 rischiò di essere depennato dal cast del Musichiere, l’antesignano di Sanremo perché i dirigenti Rai lo giudicavano troppo "sguaiato".
E' la storia della "signorina Buonasera" (Nicoletta Orsomando) che ogni sera si affacciava nelle case degli italiani, ormai circondata dall'affetto e dalla stima di tutti. E' la storia di tanti giornalisti Rai che, rischiando la propria pelle, fecero conoscere al Paese cose che il potere avrebbe voluto tacere.
Ma è anche la storia di personaggi meno noti, che però lasciarono tracce indelebili nell’Armadio della vergogna, come il direttore dell’Archivio Centrale dello Stato che, per quarant’anni, non ne aveva consentito la consultazione, contravvenendo alle leggi sullo svolgimento della funzione di pubblico ufficiale e al diritto allo studio degli storici.
Il racconto di come nacque e venne gestita la Rai e di come le vicende politiche dell'Italia democratica segnarono la storia della radiotelevisione di Stato. Uno spaccato di storia italiana, ricco di aneddoti e personaggi, che mette in luce le ragioni per cui la Rai è diventata ciò che è, con i suoi pregi e difetti, con i suoi successi e fallimenti.

Un libro che si legge tutto d'un fiato e che fa riflettere sull'importanza del servizio pubblico e sulla necessità di difenderlo, in un momento in cui sembra essere sempre più minacciato.
Perchè la Rai, lo dice anche la Corte Costituzionale, è uno "strumento di democrazia", imprescindibile per il pluralismo dell'informazione e per il diritto dei cittadini ad essere informati correttamente.
Un libro, dunque, che è anche una denuncia delle nefandezze che si sono consumate, e che ancora si consumano, in nome della "libertà di impresa".
Un libro che, raccontando la storia della Rai, racconta anche la storia dell’Italia.