Zora del Buono: una nomade sospesa tra due mondi




Di redazione
La scrittrice Zora del Buono è una figura unica nel panorama letterario italiano. Nata in Slovenia da padre italiano e madre slovena, ha vissuto tra Berlino e Zurigo.
Una vita ricca di esperienze e incontri che hanno segnato la sua scrittura e il suo sguardo sul mondo.
"Non appartengo a nessun luogo", dice Zora del Buono. "Sono una nomade, una sospesa tra due mondi". Eppure, proprio da questa sospensione, da questa mancanza di radici, nasce la sua forza.
I suoi romanzi sono infatti un viaggio costante, fisico ed emotivo, attraverso luoghi e culture diverse. In "Seinetwegen", il suo libro d'esordio, racconta la storia di una ricerca, quella della memoria, che porta la protagonista a ripercorrere le tracce del padre, emigrato in Germania negli anni Venti.
In "Die Marschallin", invece, ci trasporta nella Jugoslavia comunista degli anni '70, attraverso gli occhi di una giovane donna che lotta per affermare la propria indipendenza.
"Scrivere è per me un modo per dare forma all'assenza", spiega del Buono. "Per riempire il vuoto lasciato da ciò che ho perso, da ciò che non c'è più". E in effetti, nei suoi libri, l'assenza è sempre presente. L'assenza degli affetti, l'assenza del passato, l'assenza della patria.
Ma l'assenza, in del Buono, non è mai un vuoto assoluto.
È piuttosto una presenza negativa, un qualcosa che spinge i personaggi a cercare, a interrogarsi, a ricostruire. "La scrittura è un modo per combattere l'oblio", dice del Buono. "È un modo per dare voce a chi non ce l'ha più".
E proprio questa voce, forte e limpida, è ciò che rende del Buono una delle scrittrici più interessanti del panorama italiano contemporaneo.